Un anno dopo, tutto cambia nulla cambia
Cari Colleghi
dopo un anno nel quale il nostro mondo dei Servizi alla Persona (in particolare RSA e RSD) è stato nel dimenticatoio, poi sotto i riflettori, poi ancora nel silenzio e poi ogni tanto ancora sotto qualche riflettore, abbiamo un po' la sensazione (o qualcosa in più) che vi siano cose che non vanno, decisioni che non si prendono, coraggi che non vengono alla luce e, soprattutto, attenzioni spesso sbagliate da parte della Politica e delle Istituzioni sanitarie sottostanti.
In particolare il mondo della non autosufficienza, degli anziani istituzionalizzati (ma anche le attività semi residenziali) è come se fosse stato "congelato", lasciato alle capacità individuali o gestionali complessive di Enti e Direttori. Nonostante tutto peraltro.
Di fatto l'inattività, la solitudine, l'isolamento al chiuso, hanno ulteriormente messo in difficoltà fisico e mente di chi era abituato, nella vita, a superare cose ben peggiori. Personalmente ho la sensazione che per proteggere, sempre e comunque, si è scelto spesso di dimenticare di far vivere . E non fare vivere, specie in quelle condizioni, può solo portare a morire. Certamente conosco molte Strutture di eccellenza, dove la qualità e il tentativo spesso riuscito di far vivere, comunque, gli anziani, è stato costante, importante e anche "contro" burocrazie e logiche più asettiche e indifferenziate che mirate.
Ma è una minoranza, diciamocelo. Non basta.
Nel nostro piccolo abbiamo cercato di guardare oltre, di spingere i nostri Colleghi e fare di più, a guardare gli orizzonti non solo immediati ma più lontani. Continuiamo a cercare di migliorare la nostra professionalità, di formarci, di distinguerci in un mondo sopra e sotto di noi spesso stanco o monotematico, fatto di mantra, di protocolli indifferenziati, di regole spesso e volentieri difficili da comprendere e spiegare, qualche volta forse anche illogiche. Personalmente credo che vi siano anche troppi interessi politici e macro economici in gioco e che la partita non sia così "lineare" di come ce la fanno credere. Sporchi interessi qua e la sono anche emersi.
D'altronde i mezzi di comunicazione hanno fatto una gigantesca e continua operazione di terrorismo generalizzato, confondendo spesso le idee e il normale dibattito sulle diverse opinioni. Non si era mai visto prima. Vi sono state e vi sono, a mio parere, una serie di "forzature" giuridiche che disorientano, spaventano, soprattutto il personale che lavora con noi. Non c'è sufficiente trasparenza, manca quel "respiro" di confronto, di diritto a fare scelte in piena consapevolezza e autonomia.
Tutto mescolato in un vortice che pare vada negli interessi dei fragili e deboli, ma di fatto sono in modo formale. In sostanza non abbiamo visto grande e vera attenzione al nostro mondo, alle fragilità e alla tremenda necessità di far rivivere l'idea di qualità dell'assistenza, spesso minata da giornalisti senza scrupoli che hanno dipinto le Strutture , tutte, come dei Lager. Noi non ci stiamo. E mai ci staremo. Possiamo, con uno sforzo comune, dimostrare che laddove c'è impegno, etica, coraggio e qualità le Strutture possono tornare ad essere un punto di riferimento del territorio, e non edifici in lento "spegnimento". Bisogna avere più coraggio, fare quello che è meglio, cercare di far vivere rischiando un pochino ma evitando di far morire certamente non rischiando nulla. Troppo facile.
Abbiamo per anni parlato di Etica, managerialità, di mettere al centro l'anziano, la persona fragile. Al centro non a latere. Abbiamo fatto convegni sulle buone prassi, sulle sperimentazioni gestionali, sulla cultura, l'arte come risorse essenziali per la vita dentro e fuori le Strutture. Gli anziani che hanno superato un anno chiedono, spesso solo con gli occhi, di avere ancora un po' di vita, quella vera, di prima, non "mediata" da nuove normalità che rappresentano l'antitesi stessa del vero vivere. E così lo chiedono le famiglie.
Ormai Medici e professionisti sono preparati, sanno cosa fare, non possiamo essere più presi di sprovvista come un anno fa. Ma sembra invece che sia come prima. Non ci sono bacchette magiche o soluzioni miracolose che ci salvino da tutto e ci diano totale tranquillità.
So che è difficile districarsi soprattutto da burocrazie e procedure spesso pesanti. Ma noi siamo quelli che "dovrebbero" sapere fare la differenza, perchè abbiamo scelto questa vita, questo lavoro, questa missione. Non dimentichiamolo mai, anche perchè, per quelli che pensano al lavoro come uno di quelli "sicuri", vi sono scenari che potrebbero, anche velocemente, far cambiare questa storica certezza. Che sia per cultura, morale ed etica, che per sopravvivenza, facciamo, subito, qualcosa, tutti, per chi ha affidato a noi le proprie vite. Qualcosa in senso di azioni, iniziative, nuovi percorsi...
Abbiamo il coraggio di distinguerci se necessario, di aggregare, di contaminare....in qualche modo direttamente o indirettamente ne trarremo importanti benefici.
Per gli altri e anche per noi, e , anche per i nostri figli.
Grazie, un buon lavoro a tutti.
Sergio Sgubin